Uno spettacolo di e con Lorenzo Guerrieri.
Andato in scena a Porta Pratello il 22 novembre 2025
di Elisa e Marialaura
22 novembre 2025
Esercizi di resurrezione di Lorenzo Guerrieri
Perché sei qui? oScena è una rassegna diversa: non siamo in un teatro, lo spazio si trasforma, l'atmosfera è più informale, è un luogo sociale.
Quando mi avete invitato, non ho avuto alcun dubbio a partecipare, perché mi è sembrata da subito una bella iniziativa: informale, “dal basso” e rivolta a giovani che magari non vanno a teatro perché non sono abituati o perché il teatro li respinge. Purtroppo, il teatro è respingente, sia perché è noioso, sia perché è costoso e un po' classista. Quindi spesso c’è più vitalità in spazi alternativi, che in spazi teatrali ufficiali. Oggi, quello che servirebbe, sono i luoghi di aggregazione come questo. Luoghi dove si può stare gratuitamente in compagnia mi sembra che sia quello che più manca in assoluto.
Questo spettacolo è nato apposta per essere portato ovunque, quindi è assolutamente adattabile a qualunque spazio, anche ad una rassegna di questo tipo.
“ Spesso c’è più vitalità in spazi alternativi, che in spazi teatrali ufficiali. Oggi, quello che servirebbe, sono i luoghi di aggregazione come questo.
Quando leggo un articolo, una recensione, un’intervista o una riflessione sul teatro, mi sembra che il più delle volte non parli a me, mi sento un po’ distaccata. Credo che la discussione sul teatro sia spesso molto accademica…
Per me il teatro è sempre stato dal basso. Ho iniziato a 19 anni provando in un salone: per me è sempre stata una questione “del fare”, che riguardava me e le persone che riuscivo a racimolare intorno a me, che erano interessate a fare qualcosa di teatro e a parlare di qualcosa che ci riguarda.
Non ho frequentato accademie e ho sempre cercato un teatro che parlasse di noi, che non fosse imparruccato, che non fosse finto. Non mi interessa mettere in scena i classici tanto per metterli in scena o fare il “museo del teatro”. Cerco un rapporto vivo con le persone intorno a me: questo rapporto tra gli esseri umani è il fulcro del teatro, non tanto gli spettacoli (anche perché gli “spettacoloni” ormai li fa il cinema).
Avendo vissuto – e vivendo – delle esperienze in contesti più istituzionali, come hai percepito la differenza con un ambiente come il nostro? Oltre all’aspetto tecnico, intendo da un punto di vista umano e come attore…
Ovviamente anche i contesti istituzionali sono di diverso tipo, ci sono istituzioni con persone che credono tantissimo in questo lavoro e che, nonostante abbiano molto potere, lo usano a fin di bene, cercando un teatro vitale. Non voglio demonizzare l’istituzione, perché alcune, come ERT, funzionano bene.
A volte, il brutto dell'istituzione è la sua pigrizia: non ha fame di spettatori nuovi, di spettacoli di un certo tipo e si accontenta di nomi televisivi – di “spettacoloni” – che però non parlano più di tanto alle persone. Di conseguenza il pubblico diventa anziano, impigrito, pensionato. Oggi, poi, anche le politiche ministeriali stanno andando in una direzione di commercializzazione dello spettacolo e diventa sempre più difficile per le istituzioni prendere le distanze da questa logica.
Quindi percepisci un po' una crisi da questo punto di vista nei confronti del teatro? Soprattutto, per quanto riguarda lo svuotamento delle sale o il fatto che lo spettatore rischi di essere sempre lo stesso?
Io penso che si parli di crisi del teatro da sempre. Già nel primo Novecento, nei testi di gente come Paolo Grassi o Silvio D'Amico si parlava di crisi del teatro; è un po' una costante, è diventata quasi una cosa convenzionale da dire. Secondo me, oggi, è in crisi qualunque luogo di ritrovo dal vivo tra persone. Questa è la crisi più grave di cui fa parte anche la crisi del teatro.
L'Italia, a differenza di altri paesi, scinde fortemente la cultura alta e la cultura bassa. Il teatro è da sempre inserito nella cultura alta e, di conseguenza, a colpi di “intellettualismi” si è costruita un’immagine del teatro come luogo lontano, vecchio, noioso (e nella maggior parte dei casi in Italia è anche vero). Però, se penso alle persone intorno a me, in realtà il teatro non è morto per niente.
Per dire, noi qui, adesso, stiamo parlando di teatro.
Si dice molto che tra i giovani siano più quelli che fanno teatro, anche tramite laboratori o esperienze teatrali autogestite, che quelli che vanno a teatro. Secondo te quanto è importante vedere?
Sì, il mercato dei laboratori teatrali non è per niente in crisi. Sono attività ricreative, bellissime, però sono un'altra cosa dal momento artistico o comunitario del teatro. In generale non mi sento di dire: “è importante andare a teatro” perché sembra una cosa prescrittiva, una medicina. Come dire: “è importante leggere”. Sì, è vero, però poi bisogna vedere cosa si legge. Sarebbe bello che fosse più desiderato andare a teatro, quello sì.
“Se penso alle persone intorno a me, in realtà il teatro non è morto per niente
Invece proprio dal tuo punto di vista, per il tuo processo creativo?
Vorrei andare a teatro molto di più di quanto faccia. Ho degli spettacoli che, può sembrare una banalità, ma mi hanno cambiato la vita (intesa anche come vita artistica). Penso si tratti proprio di uno scambio energetico, è una ricarica. Il teatro, quando funziona (e quando è bello) può ridarti un motivo per vivere, magari non la vita, ma la giornata o la settimana. Credo molto negli attori che si stancano in scena, che danno tanto al pubblico.
Qual è l’ultimo spettacolo che hai visto?
La settimana scorsa ho visto Oltre di Fabiana Iacozzilli, uno spettacolo con i puppets: dei “pupazzoni” giganti che gli attori muovono in scena. È stato catartico, mi ha dato un’energia che mi sto portando appresso da tutta la settimana. Il teatro bello ti dà il desiderio di fare qualcosa, magari non sai neanche cosa di preciso, però sicuramente ti dà il desiderio di cambiare. Poi non cambierai, continuerai a fare la tua vita di merda, però almeno hai quel desiderio.
“Il teatro bello ti dà il desiderio di fare qualcosa.
A volte è un desiderio momentaneo. A me è successo che in quel momento sento una cosa e poi magari dopo un po' si spegne. Però in quel momento è vera.
Magari, anche se non te la ricordi, il tuo corpo non si dimentica dell'esperienza che fa, in qualche modo se la tiene.
Noi a Ippogogo siamo poche, però siamo curiose e ci interessano molto le domande. Quindi ti farei un po' di “domande sulle domande”: il tuo spettacolo “Esercizi di resurrezione” è nato da una domanda, da più domande? E in quel caso, da quale o da quali?
Più che una domanda la chiamerei una contraddizione. Mi verrebbe da dire che non è nato da una domanda, ma da due domande che non stanno bene insieme. Non so ancora quali siano, ma mi sono chiesto come mettere insieme la felicità e la disperazione. Perché una felicità senza disperazione mi sembra una cazzata: in quel momento non stai vivendo la realtà. Però una disperazione senza felicità forse è troppo.
Questo spettacolo nasce da domande sull’individualismo e sulla solitudine. Non tanto sulla solitudine che uno subisce, quanto sulla solitudine che uno cerca nel tentativo di autorealizzarsi ad ogni costo. Forse la disperazione di essere rinchiusi nel nostro “io imprenditoriale” è legata alla crisi dello stare insieme di cui parlavo prima. Oggi sembra proprio difficile stare insieme: siamo tutti nella nostra bolla, con i nostri obiettivi professionali. È difficile uscire da noi. L'io è diventato una cosa tumorale, non so se è sempre stato così, però è difficile entrare nei panni degli altri, cedere un po' di “io” agli altri.
“Siamo stati divisi perché siamo più produttivi soli, ma produttivi non so in cosa, perché produciamo monnezza.
Immagina che alla fine del tuo spettacolo, dopo gli applausi, tu possa istintivamente porre una domanda al pubblico. Se potessi scrivergli una lettera, che cosa diresti?
Porta Pratello, 22 novembre 2025
Caro spettatore e cara spettatrice,
oddio, non lo so: posso andare a casa?
Forse ho già parlato fin troppo, quindi… ti va di fare festa? Ti va di urlare?
Preferisci fare silenzio? Oppure, boh, vuoi disegnare qualcosa?
Io ho fatto già abbastanza casino, ma ora, se vuoi, possiamo farlo insieme.
Grazie, a presto.
tuo, Lorenzo Guerrieri
Niente, è andata così. Un giorno Lorenzo, a trent'anni, si è svegliato nel suo letto completamente putrefatto. Sarà colpa del precariato, colpa dell'ansia o della sua scarsa capacità auto-imprenditoriale? O forse soltanto una dieta sbagliata? Fatto sta che di Lorenzo non resta che uno scheletro vivente, terrorizzato dall'idea di uscire di casa, senza più un corpo, costretto a fare i conti con il proprio fallimento. L'unica libertà che gli resta è collegarsi ad internet e navigare, da morto vivente, sulla rete.
Come in un incubo grottesco, entriamo nel flusso di pensiero rimuginante del trentenne che non ce l'ha fatta, entriamo nel suo inconscio, popolato da motivatori, life-coach, conduttori tv, che puntualmente lo incalzano all'ottimismo, alla positività e a ad una solitaria autorealizzazione. Sembra impossibile trovare lo spazio per un po' di sana disperazione, impossibile coltivare la propria malinconia. Ma dalla disperazione può ancora nascere un briciolo di resistenza? Uno spettacolo che è un invito a smetterla con noi stessi e con l'ossessione che stiamo sviluppando per il nostro io.
Lorenzo Guerrieri (1991), laureato in Lettere, è attore, regista e autore teatrale. Collabora con varie realtà teatrali. Con Niccolò Fettarappa mette in scena e interpreta Apocalisse Tascabile (2020), che vince il Premio Inbox, Direction Under 30 e altri premi, ottennendo grandi riconoscimenti di pubblico e critica, e poi La Sparanoia, prodotto da Sardegna Teatro e Agidì. È nel cast di Orgasmo, con debutto nel 2026, coprodotto da ERT insieme al Piccolo di Milano, Teatro di Roma, Agidì e Sardegna Teatro.
Negli ultimi anni ha lavorato da attore con la compagnia Garbuggino/Ventriglia (Desiderio, 2023), da regista e interprete con Fucina Zero (La Madonna dei Topi, 2023), da attore con Giacomo Lilliù (Teatropostaggio, vincitore Residenze Digitali 2023), da attore e autore con Oscar De Summa (L'infamante accusa di Assenza, produzione Metastasio di Prato, 2025), da attore e regista con la Compagnia Ragli (Goodbye Horses, produzione Solares delle Arti, 2025). Il suo corto teatrale Ciao ciao Orwell è vincitore del Premio del Pubblico del Festival di Regia Fantasio 2024. Il suo monologo Esercizi di resurrezione, nato come primo studio a Carrozzerie Not, ha vinto come miglior spettacolo il Festival Inventaria 2023.